Le relazioni tra vicini di casa non sempre sono idilliache. Così può accadere che una banale questione, l'aggancio di tende da sole alla parte inferiore della soletta del balcone sovrastante, dia origine ad un annoso contenzioso e richieda l'intervento della Suprema Corte. Ancora una volta i giudici di legittimità sono stati chiamati a decidere una questione concernente questo elemento architettonico la cui proprietà e, conseguentemente, i limiti del suo utilizzo, ma soprattutto il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione dei diversi elementi che lo costituiscono, hanno dato origine a numerose controversie. Molteplici sono infatti le questioni relative ai balconi: non solo è necessario distinguere tra balconi «aggettanti» e balconi «a castello», ma anche i singoli elementi che lo compongono (parapetto, ringhiera, frontalino, celino, soletta, fregi) al fine di determinarne la proprietà e, conseguentemente, l'imputazione delle spese di manutenzione e conservazione.Nel caso di specie il proprietario dell'appartamento dotato di balcone, ritenendo di esercitare il proprio diritto, utilizza il soffitto del balcone sovrastante per agganciarvi le proprie tende da sole. Di contrario avviso è il proprietario del piano sovrastante che ricorre al giudice per sentir dichiarare l'illegittimità di tale uso. Si difende il vicino assumendo di aver utilizzato un bene comune, e invoca l'art. 1125 cod. civ., norma dettata per la ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione di soffitti, volte e solai. Poiché tale norma stabilisce che le spese sono da ripartirsi in parti uguali tra i proprietari dei piani sovrastanti, fermo restando l'intero onere del proprietario del piano superiore per la spesa per la copertura del pavimento e quello per l'intonaco, la tinteggiatura e le decorazioni del soffitto di quello del piano inferiore, deduce che tale porzione sia da considerarsi comune tra i proprietari dei piani sovrastanti e invoca il diritto di utilizzare la superficie orizzontale sotto al piano di calpestio per un uso compatibile con la sua funzione. Il giudice di primo grado accoglie la domanda e condanna alla rimozione delle tende illegittimamente collocate. In appello il tribunale, invece, applicando la citata norma, afferma che la soletta in questione è di comproprietà dei proprietari dei piani sovrastanti e tale compossesso è esercitato dal piano superiore con il calpestio e dal piano inferiore con la copertura. Riforma, quindi, la decisione del primo giudice, e dichiara legittimo l'ancoraggio delle tende da sole nella parte sottostante della soletta del balcone sovrastante, trattandosi di uso nei limiti dettati dall'art. 1102 cod. civ. Ricorre per cassazione la parte soccombente dolendosi della violazione e falsa applicazione di entrambe le richiamate norme. Sostiene la ricorrente che l'applicazione dell'art. 1125 cod. civ. è errata perché i balconi «aggettanti», a differenza delle terrazze a livello, proprio perché sporgono, escono dal corpo dell'edificio, non svolgono la funzione di copertura del piano sottostante, ma costituiscono un mero elemento accidentale dell'appartamento al quale appartengono: si tratta perciò di proprietà esclusiva e non di proprietà comune tra i due piani sovrastanti. Inoltre, non trattandosi di bene comune, errato è pure il richiamo al diritto di servirsene nei limiti dell'art. 1102 cod. civ. da parte del proprietario del piano sottostante. La Corte ha accolto il ricorso ritenendo fondate le doglianze e, richiamando un orientamento costante , ha ribadito che quando si è in presenza di strutture completamente aggettanti non si potrà parlare di elemento a servizio di entrambe le unità immobiliari poste su piani sovrastanti, né quindi potranno presumersi comproprietari di un simile balcone i proprietari dei singoli piani. Sembra quindi si possa considerare un punto fermo il principio che i balconi sporgenti o aggettanti sono di proprietà esclusiva del proprietario dell'unità immobiliare cui accedono: si tratta, invero, di uno spazio esterno il cui uso, al pari dei vani interni, è riservato al proprietario dell'appartamento e alle cui spese di manutenzione egli solo sarà tenuto, non solo per il rivestimento del piano di calpestio, ma anche per la ringhiera o parapetto, salvo il caso di particolari decorazioni o fregi. Infatti, quando i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono così a renderlo esteticamente gradevole, si considerano beni comuni e, in quanto tali, da mantenere con il contributo di tutti i partecipanti al condominio. La soletta del balcone «aggettante», priva di fregi e altri elementi architettonici, pur svolgendo la funzione di copertura del balcone sottostante (pure «aggettante») non costituisce però un sostegno indispensabile per i piani sovrastanti; di conseguenza, tale soletta non può essere considerata come elemento al servizio di entrambe le unità immobiliari poste su piani sovrastanti e dunque è da escludere che possa essere comune ai due proprietari. In generale, le parti esterne dei balconi sono pacificamente ritenute parti integranti della facciata condominiale e, dunque, qualificate parti comuni, le cui spese di manutenzione devono essere ripartite tra tutti i partecipanti al condominio in proporzione ai millesimi. Parti comuni sono considerati il rivestimento, gli elementi decorativi del fronte o parapetto o della parte sottostante della soletta in tutti i casi in cui tali elementi assolvono prevalentemente la funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio e divengono elementi decorativi e ornamentali essenziali della facciata . Nel caso, invece, di balconi c.d. a castello, quelli incassati nel perimetro dei muri portanti dell'edificio, la soletta costituisce indubbiamente «solaio» divisorio tra i due piani ed ha la funzione di sostegno dei piani sovrastanti: in tal caso trova perciò applicazione l'art. 1125 cod. civ., mentre le spese per la pavimentazione e per la ringhiera restano a carico del proprietario del balcone, quelle delle travi portanti vanno sopportate dalla comunità condominiale e quelle del sottofondo sono a carico del proprietario del balcone di sotto. Per la manutenzione del «celino» del balcone, ossia di quella parte che costituisce ideale prosecuzione del soffitto dell'appartamento sottostante, l'intero onere sarà a carico del proprietario dell'appartamento cui funge da copertura, mentre quelle per la manutenzione della piattaforma che consente il calpestio al piano superiore resteranno a carico del proprietario del piano superiore. Di recente, in sede di merito (3), era stato invece ritenuto di poter estendere, in via analogica, la presunzione assoluta ex art. 1125 cod. civ. anche ai celini di balconi (o terrazzini), in quanto prosecuzione del soffitto dell'appartamento sottostante. L'affermazione può senza dubbio essere condivisa nel caso di balconi non aggettanti con la conseguenza che si potrà configurare un compossesso per l'uso esclusivo dei rispettivi lati, esercitato dal condomino del piano superiore con il calpestio e dal proprietario del piano inferiore con la fruizione di un commodum proveniente dalla copertura e di ogni altra utilità che non osti con il dettato di cui all'art. 1120 comma 2 cod. civ.
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